Entriamo nella discarica..

Discarica di rifiuti elettronici di Agbogbloshie, Accra - Ghana, West Africa

La discarica si trova dietro un mercato molto grande, ed è attraversata da fiumiciattoli in cui ormai non c’è più vita. L’acqua è nera e piena di bollicine, continua a gorgogliare: Mike ci spiega che è l’aria che esce dai pezzi buttati a bagno. Intorno non c’è più suolo, ma solo uno spesso strato di pezzetti di vetro, plastica e rifiuti, tutti coperti da una patina nera. Le venditrici del mercato usano carcasse di monitor come tavolini su cui appoggiare la merce in vendita. Non molto lontano dei ragazzi stanno bruciando qualcosa. Ci sono diversi falò di questo tipo, da cui si leva un fumo nero e puzzolente che il vento porta sul mercato e in città. Mike ci spiega che bruciano i cavi ed altri pezzi per recuperare i metalli. Siccome all’interno dei computer ci sono i ritardanti di fiamma, usano come combustibile gli isolanti dei frigoriferi, o, più raramente, pneumatici dei veicoli. Piombo, metalli pesanti, diossina e altri composti tossici si depositano sulle cipolle, sui pomodori, sulla carne e su tutta la merce in vendita al mercato. Tra l’altro è uno dei posti dove la merce è più economica, e dove la gente compra di più.

Discarica di rifiuti elettronici di Agbogbloshie, Accra - Ghana, West Africa

Entriamo nella discarica e vediamo subito un gruppo di bambini piccolissimi (5-7 anni) intenti a recuperare metalli. Sono pieni di tagli, soprattutto nelle gambe.

Discarica di rifiuti elettronici di Agbogbloshie, Accra - Ghana, West Africa

Se li procurano nuotando nei fiumi per recuperare i pezzi. Alcuni hanno segni in testa e sul corpo, e in generale non sembrano in salute. Uno in particolare è pieno di pustole, e, soprattutto, ha un vistoso rigonfiamento sul collo che non fa presagire nulla di buono. Dice di non sapere dove siano in genitori e di avere fame. Ci mostra anche una ferita sotto la pianta del piede, dice di essersela procurata con un vetro. I bambini dicono che vengono qui tutti i giorni, ma che a loro non piace. Lo fanno per guadagnarsi qualche soldino per comprarsi il cibo. Non ci sembrano bambini felici. L’opinione di Mike è che non arriveranno a vent’anni. Ci mostrano come lavorano: rompono a pietrate i tubi catodici per recuperare le viti e i pezzi in metallo. Hanno un cacciavite solo e lo condividono. Un altro bambino di mostra come recuperare metalli ferrosi: usa la calamita di un altoparlante, la sfrega sul terreno, e poi a mani nude rimuove i pezzi che rimangono attaccati. Poco più in là alcuni adolescenti stanno bruciando i cavi per recuperare il rame.

Discarica di rifiuti elettronici di Agbogbloshie, Accra - Ghana, West Africa

Il fumo ci fa bruciare la gola, e ci chiediamo come si sentano quelli che stanno qui tutto il giorno. Ancora più in là c’è una mandria di mucche al pascolo, dove c’è ancora un po’ d’erba. Anche loro sono abitanti della discarica, e nei giorni freddi si avvicinano ai fuochi e si immergono nel fumo per scaldarsi: chissà cosa conterrà la loro carne!
Questo è il peggiore dei gironi infernali che abbiamo visto: l’ultima tappa di una vera e propria escalation di miseria, inquinamento e disperazione.

Discarica di rifiuti elettronici di Agbogbloshie, Accra - Ghana, West Africa

Proseguiamo la nostra visita e conosciamo il migliore amico di Mike: un vecchio barbone di 75 anni che nella discarica ha costruito la sua cuccia. Vive qui, e Mike lo chiama “zio Jack”. Andiamo oltre, e ci sono RAEE e altri rifiuti a perdita d’occhio. Camminandoci sopra arriviamo ad un altro fiume, che Mike chiama “zuppa al veleno”. Facciamo un sacco di foto, curiosando quando possibile la provenienza dei pezzi. Ne troviamo uno italiano (Mita Italia s.p.a., col simbolo della Repubblica), ed uno del Parlamento americano.
Mike ci spiega che una volta questo era un luogo bellissimo e incontaminato, dove si potevano vedere anche un sacco di uccelli. Adesso ci sono poche garzette che vanno su e giù tutto il giorno in cerca di pesce che non c’è più, e che non tornerà mai più perché questo posto è compromesso per sempre.
Qua e là nella discarica ci sono delle bilance con cui viene pesato il metallo per essere venduto. Vediamo un bambino che sta concludendo una vendita; non vediamo quanti soldi prende, ma probabilmente sono una miseria.
Passiamo davanti a un gruppo di ragazzi che stanno aprendo dei compressori di frigorifero con martello e scalpello. Mike mette da parte due pezzi di monitor che vuole portarsi via per controllarne la provenienza. Cristiano ne gira uno per fotografarlo, e un ragazzo gli si avvicina urlando che per prenderlo deve pagarlo, è ha un modo di fare un po’ aggressivo. Mike interviene dicendo che quei pezzi sono per lui, e allora il tizio vuole prendersi Daniela. Un altro ragazzo, palestrato, si avvicina e vuole essere fotografato. L’atmosfera è a metà tra lo scherzo e la minaccia. Lì per lì c’è un po’ di tensione, che poi si scioglie quando Mike da’ loro qualche soldo per comprarsi dell’acqua. Quando ci allontaniamo ci chiede se ci immaginiamo come sarebbe stato andare lì senza di lui, perché ci sono anche dei ragazzi molto cattivi.  Ci dice anche che di notte è un posto molto pericoloso. Però non è niente rispetto alla situazione di queste discariche in Nigeria, dove se ti avventuri da solo sei spacciato.
Questi ragazzi ci mostrano un mucchietto di rame che hanno recuperato. Dicono che i rifiuti arrivano dai paesi occidentali. Qui vengono separati i metalli, che poi verranno rivenduti all’estero. Facciamo ancora un giro e usciamo. Siamo senza parole, e infatti, contrariamente rispetto al solito, non riusciamo ad interagire molto con i bambini. Ma sono anche i bambini che sono diversi dagli altri che abbiamo incontrato finora: non sorridono granchè, non sembrano avere molta voglia di scherzare con noi. Più tardi ci ripenseremo, e ci pentiremo di non aver fatto loro nemmeno una carezza: probabilmente non ne ricevono molte. Tra di loro ci sembrano molto solidali, sembrano delle pecorelle spaventate che si stringono insieme per farsi coraggio.
Quando torniamo al posteggio alcuni ragazzi portano a Mike dei pezzi di computer con le etichette riconoscibili. Lui da’ loro qualche soldo, e ci spiega che sta accumulando prove in un magazzino.

Discarica di rifiuti elettronici di Agbogbloshie, Accra - Ghana, West Africa

Le Nazioni Unite gli danno dei fondi per portare avanti la sua indagine, e anche l’Interpol è interessata a questo traffico. Ci spiega che per avere un’idea del fenomeno, bisognerebbe stare diversi giorni, andare a vedere il porto, le case della gente, e i negozi e le attività commerciali che si basano su questo traffico di apparecchiature usate.
Ci rammarichiamo entrambi di non avere più tempo per fare queste cose e tornare alla discarica. Non osiamo pensare all’effetto che ci avrebbe fatto vederla quando ci sono tutti i bambini: oggi è il primo giorno dopo la fine del Ramadan, e siccome qui la maggior parte è musulmana, sono tutti a festeggiare in qualche modo. Mike ci dice che l’ultima volta ha contato circa 500 bambini, che vengono qui quotidianamente.
Mike ci accompagna al Circle e ci promette di inviarci del materiale da consultare su questa situazione. Appena se ne va, scoppiamo in lacrime. Non ci dimenticheremo mai di quello che abbiamo visto e di questi bambini. Ci bruciano la gola e gli occhi. Ci puliamo mani e viso con le salviette, che restano nerissime. Facciamo i gargarismi e sputiamo: chissà quante schifezze sono finite nei nostri polmoni!
Mike ci aveva detto di aver portato lì una ragazza che è rimasta sconvolta e si chiedeva se sarebbe stata in grado di avere figli dopo quella visita: adesso ci sembra una paura comprensibile.
Dopo questo incontro, siamo veramente dispiaciuti di non aver incontrato prima Mike, che è una persona veramente in gamba, e di aver perso un sacco di tempo a fare gabu-gabu con quel furbo di Jacob.
Ci compriamo un frutto stranissimo che qui chiamano sweet apple: sembra un avocado con aculei cicciotti, ma scopriremo, a Genova, che non è un granchè: sa di chewing-gum, e ne ha anche la consistenza.
Rientriamo a Botwi, Jacob ci dice al telefono di non stare a passare da lui, che saremo stanchi. Non ce lo facciamo dire due volte. Ci facciamo una doccia molto accurata, nonostante il rubinetto sia basso, e pisci poche gocce d’acqua (e dire che siamo passati alla suite da 29 cedi!). Andiamo a mangiare il nostro fufu quotidiano, con carne di capra (testa e occhi compresi): Cristiano ingolla la pupilla senza fare una piega, e poi ne va tutto fiero! Andiamo a nanna un po’ provati, con un pensiero per i bambini che abbiamo visto oggi.
Ci chiediamo, un po’ commossi, che futuro avranno.

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Una risposta a Entriamo nella discarica..

  1. Francesca ha detto:

    È terribile, non avrei mai immaginato nemmeno lontanamente una realtà del genere. È segno di profonda inciviltà e irresponsabilità da parte dei paesi ricchi.
    Ieri ho visto un reportage su rai 5 proprio in merito e sono rimasta sconvolta…e la cosa sconcertante è che nessuno ne parla, a parte questi canali ‘di nicchia’…
    Ho cercato su internet qualche associazione che possa aiutare questi bambini ma non ho trovato nulla…voi sapete se ne esiste qualcuna a cui fare una donazione?
    Francesca

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