Visita alla miniera d’oro di Kenyase N°1

Miniera d'oro di Kenyase N°1
Alle 6,30 facciamo colazione con pane e margarina, cappuccino istantaneo Nestlé (!) e uova con le cipolle. Robert ci offre anche una marmellata di albicocche fatta a Dubai, piena di aromi, e ci dice che qui la marmellata è molto costosa e che in Ghana non viene prodotta perchè non hanno le attrezzature. Capiamo che lui ha buone disponibilità economiche. Ci racconta infatti di aver lavorato per tanti anni in Germania.
Alle 7 partiamo con Boat, la guida. Ci sembra subito che la guida voglia fregarci quando paghiamo il biglietto del trotro: ma ormai ci siamo fatti furbi, e chiediamo ai nostri vicini di sedile quanto costa il biglietto, e diciamo chiaramente alla guida di non fregarci. Dopo un viaggio di circa 2 ore (da Kumasi) arriviamo a Kenyase N°1, a nord-ovest di Kumasi. Ci infiliamo in una stradina in mezzo agli alberi che conduce alla miniera.
Il sentiero costeggia una strada sterrata che a un certo punto diventa una trincea fangosa. C’è molta gente in giro, che va avanti e indietro in quella che sembra una stradina in mezzo al nulla. In realtà arriviamo ad un’enorme radura deforestata e piena di spazzatura all’inverosimile: il sole è fortissimo e anche i rumori dei motori, così come il canto lamentoso del muezzin, diffuso da un altoparlante che ci accompagnerà per tutta la nostra visita, (interrompendosi solo perchè a un certo punto gli scappa da ridere!!)
Ci sentiamo addosso gli occhi di centinaia di persone: due bianchi in questo posto non passano inosservati!
Veniamo invitati a sedere sotto un albero (l’unico superstite della zona) vicino a due costruzioni di fango e bambù seccate dal sole. Aspettiamo che arrivino i responsabili. Ci sentiamo un po’ a disagio e un po’ minacciati: le persone intorno a noi ci guardano ma non sembrano molto amichevoli. Probabilmente si stanno chiedendo cosa ci facciamo qui!!
Finalmente arriva il responsabile ed entriamo. Ci porta sotto un tendone – ce ne sono molti – e ci spiega che non sa chi siamo e ci chiede cosa siamo venuti a fare. Glielo spieghiamo e ci dice che va bene ma che non possiamo fare foto. Ci spiegano che alcuni sono già andati per cercare di fare un documentario e non hanno evidentemente gradito la cosa. La nostra guida è più di intralcio che d’aiuto, quando ci mostrano le cose si mette davanti, e non è in grado di spiegare granchè, si limita a ripetere quello che ci dicono gli altri. Iniziamo il nostro giro e siamo un po’ innervositi. Visitiamo diversi pozzi perchè di questo si tratta: sono buchi di circa 1 m x 1 m, quadrati e profondi tra i 100 e i 300 piedi. Sulle pareti del pozzo c’è una gabbia (così la chiamano) di puntelli di legno che servono anche da scaletta. Dalle pareti del pozzo partono dei tunnel orizzontali che, secondo la descrizione che ci fanno, sono poco più che cunicoli in cui si striscia.
Quasi tutti i pozzi sono sormontati da una carrucola per tirare su  secchi di materiale. Ai lati dei pozzi sono ammucchiati cumuli di materiale aurifero, coperti da teli di plastica e guardati a vista. Ci regalano due pezzi di minerale e ci spiegano che un cumulo appartiene a circa 100 minatori, che alternano turni di 24 ore di lavoro e 24 ore di riposo. Il bottino viene spartito in 3 parti uguali: 1/3 al proprietario del terreno, 1/3 allo sponsor, la persona che ha pagato i lavori, e l’ultimo terzo viene diviso tra tutti i minatori. Un minatore un po’ più anziano e in grado di parlare inglese ci spiega il processo: prima si scava il pozzo e lo si consolida con le gabbie di legno. Il pozzo si restringe man mano che scende. Usano il martello pneumatico e quello a mano e il materiale di scarto viene depositato più lontano. Ci fa vedere un pozzo molto profondo e urla ai minatori in fondo di farci vedere la luce con la torcia. E’ di una profondità impressionante. Ci chiedono se vogliamo scendere ma non ce la sentiamo!!
Ci dicono ridendo che “There’s no safety”, “non ci sono norme di sicurezza”. Ad esempio, ci fa notare che non usano il casco, ma al limite un berretto di lana!
Mano a mano che scavano, illuminano il muro con la torcia: se c’è oro, lo vedono brillare e di solito significa che lì c’è una vena e bisogna scavare in orizzontale. Chiediamo se i pozzi possono collassare, ci dice che li fanno crollare apposta una volta che sono esauriti. Non accenna ad incidenti, ma noi sappiamo che in realtà succedono.
Ci spiega invece come usano l’esplosivo: fanno un buco rotondo nel muro, e vi inseriscono un candelotto di plastico. Riempiono poi gli spazi con frammenti di granito in modo che sia ben stabile, perchè altrimenti la roccia non si spacca. Inseriscono il detonatore e ad esso attaccano una miccia. Ci fa vedere tutte queste attrezzature. E’ compito del “blastman” svolgere questa operazione. Per salvarsi deve essere veloce a risalire, oppure fare in modo che la combustione della miccia sia lenta. A questo scopo un altro minatore spiega che usano delle striscioline di gomma, che brucia lentamente. Ci dice che questo trucco è tipico di quel posto, è il know-how acquisito con l’esperienza. Prima di andarcene ci chiedono se vogliamo comprare dell’oro e ce ne offrono un sacchettino, che rifiutiamo ridendo.
Le pietre estratte vengono frantumate in un mulino con una macina. Ci spiegano che ce ne sono di due tipi: uno più fine e uno più grezzo. Noi ne vediamo solo uno, non sappiamo di quale tipo si tratti, ma vediamo che ci lavorano due bambini: uno spara la ghiaia e l’altro la carica. Ci rimaniamo un po’ male. Dalla macchina esce sabbia mista ad acqua e va a finire in delle vaschette. Da lì, a mano, viene raccolta e mischiata al mercurio. L’amalgama di mercurio e oro viene separata dalla sabbia, forse a mano. Poi ci spiegano che filtrano l’oro ma non capiamo bene come. Parla di “carta delle sigarette”. In questa fase della lavorazione, lavorano anche le donne; ne vediamo alcune impegnate a setacciare la sabbia.
Quando trovano acqua, la pompano fuori. Con un altro tubo pompano giù aria fresca.
La guida che ci accompagna è uno sponsor, e ci parla dei guadagni: con un investimento di 35.000 GHc si possono guadagnare in 3/4 mesi tra i 100mila e i 600mila GHc, di solito si raggiungono i 300mila. Ci spiega che è un gioco in cui si vince o si perde, ma in quest’area c’è talmente tanto oro che è praticamente impossibile non trovarne. Noi gli facciamo credere di essere interessati all’idea di diventare sponsor. Lui ci porta a vedere i generatori, e poi ci fa parlare con il proprietario del terreno, che vuole i nostri contatti, e che ci spiega che ci sono molti modi di contribuire, o come dice lui, di aiutarli. Non gli diamo troppa corda, e lo salutiamo lasciandogli un numero di telefono sbagliato.
Appena ci siamo allontanati facciamo qualche foto. Non visitiamo le miniere industriali: sia la guida della miniera sia Boat ci dicono che non è possibile, e che oggi sono chiuse. Non sappiamo se è vero, ma non c’è verso di smuoverlo. Rientriamo a Kumasi e andiamo allo zoo. Paghiamo il biglietto solo per noi, lasciamo fuori la guida e ci godiamo un po’ di privacy.
La cosa più interessante dello zoo è una colonia di pipistrelli enormi, che stanno appesi e strepitano di continuo. Vediamo leoni, facoceri, scimmie di ogni tipo, serpenti tra cui una vipera con la testa grossa come un pugno! Tartarughe, coccodrilli, aquile, pappagalli e struzzi, dromedari. Le scimmie ci fanno un po’ pena perchè sono da sole. Appena stiamo per uscire si mette a piovere fortissimo e aspettiamo sotto una tettoia che smetta. Ci vorrà più di mezz’ora. Daniela soddisfa la sua curiosità di vedere un acquazzone africano!
Torniamo a Onwe, liquidiamo la guida e gli diciamo che domani gireremo da soli; lui non sembra molto contento, ma non insiste. Robert ci porta a mangiare il fufu nello stesso posto di ieri. Per la gioia di Daniela c’è di nuovo il pesce di fango, che ha un gusto fortissimo e sa un po’ di marcio!!
Andiamo a dormire come sempre stanchi morti. I letti africani sono cortissimi, o noi siamo fuori misura!

 

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