Kumasi

Arriviamo al  bus per Kumasi verso le 2 di notte, e ritroviamo le nostre camicie che ci tenevano il posto, siamo un po’ sollevati. L’atmosfera però è inverosimile, e l’attesa ci sembra senza senso. Non ci spieghiamo perchè non permettano di comprare i biglietti in anticipo e arrivare un attimo prima della partenza. Un ambulante ci vende un panino ma non c’è verso di fargli capire che ci vorremmo qualcosa dentro. Ce ne mangiamo un po’ subito.
Sull’autobus c’è un odoraccio di umanità: di puzze ne abbiamo sentite già tante, ma questa è nuova. Alla partenza scoppia una lite nei sedili posteriori. La gente urla e si contende il posto. Dopo pochi minuti di viaggio l’autista si ferma in mezzo alla campagna. Non capiamo cosa dice, ma sembra che li minacci di non ripartire fino a che non ci sia silenzio. La scena è assurda: un pullman fermo in mezzo alla campagna africana, alle 3 di notte, fuori è completamente buio, e dentro c’è pieno di gente che urla, e noi non capiamo una parola!!
Finalmente si calmano e dopo un altro po’ di castigo (attesa) il pullman riparte.
Il viaggio è interminabile, e i sedili sono scomodissimi, però il panorama (di giorno) merita. Il pullman fa un sacco di fermate, a volte anche lunghe. Ne approfittiamo per sgranchirci le gambe. Alla prima fermata, i WC sono fatiscenti, e Daniela non osa entrare: la puzza si sente da chilometri di distanza. Cristiano si fa coraggio. L’interno è scuro e un muretto divide il locale in quelle che in Europa sembrerebbero due docce. In quella più lontana dalla porta un uomo seduto sta facendo il bucato in un secchio, e fa segno di pisciare nell’altra. Sul fondo non c’è un water o una turca, ma solo piastrelle e poi lo scarico di una doccia. Vomitevole.
Daniela invece la fa a Nkwakwaw, un po’ dopo, in una latrina senza tetto. I muri sono bassi e dentro c’è una canaletta lungo quasi tutto il perimetro, dove le donne urinano tutte contemporaneamente. Daniela aspetta che sia vuoto. Alla fine c’è anche un secchio con dell’acqua per lavarsi le mani. Che lusso!
Nel frattempo un cieco ci intrattiene cantando una nenia davanti alla porta dell’autobus chiedendo l’elemosina.
Chiamiamo Kwame Anane e lo facciamo parlare con il mate, il ragazzo del pullman. Si mettono d’accordo ma Kwame ci richiama comunque e ci ansia un po’. Percepiamo un po’ di ansia di trattarci bene, quasi troppa.
Ci viene a prendere all’arrivo e ci porta da un amico che ha un ufficetto in cui fa video. Ci fidiamo e gli paghiamo: 40 cedi per il suo impegno e 140 per vitto e alloggio in famiglia.
Ci presenta un tizio un po’ rimbambito che sarà la nostra guida e ci accompagnano a cambiare (ma non riusciamo a cambiare le banconote da 1$) e poi dalla famiglia che ci ospiterà. La casa è bella ma in un paese (Onwe) molto lontano dal centro. Il nostro ospite è Robert, una persona squisita che si preoccupa subito di nutrirci. Ci lasciano riposare un po’ perchè siamo distrutti. Alle 19 arriva la guida per mettersi d’accordo per l’indomani, e trattiamo il prezzo: arriviamo a 30 cedi più i trasporti per accompagnarci due giorni alle miniere e in città.
Al di sotto di questa cifra vuole farsi pagare il pranzo. Usciamo con Robert che ci porta in paese per mangiare: ci infiliamo al buio in mezzo alle case, ci sono frotte di bambini ovunque che ci salutano urlando “Obruni!” che vuol dire “uomo bianco”. Come ci hanno insegnato, noi rispondiamo “Bibini” che vuol dire “uomo nero”, e si può usare anche per le donne.
Entriamo in quella che crediamo essere una casa, ma che in realtà è un cortile circondato da abitazioni. Robert ci spiega che è mancata la luce da qualche giorno, infatti è completamente buio, ma ci sono diverse persone, qualcuno dorme per terra, qualcuno cucina, qualcuno  mangia, una donna allatta, un’altra mangia a seno nudo.
Robert ci dice che lì vive sua madre, e lui sembra molto in confidenza con tutti: recupera dei panchetti, uno fa da tavolino. Ci portano un secchio d’acqua per lavare la mano destra, e due pentoline; una contiene yam e plantain bolliti, l’altra palava sauce, fatta con le foglie di cocoyam. E’ molto buono e nutriente, e Robert ci spiega che i plantain contengono ferro e zinco (nei semi) e lo yam carboidrati. Mangiamo illuminati da una torcia. Mentre torniamo a casa Robert ci dice di aver preso da Kwame 80 cedi anzichè i 140 che noi abbiamo pagato, e noi ci arrabbiamo parecchio. Robert invece non si inquieta, e ci rassicura che comunque farà del suo meglio per farci stare bene. Andiamo a dormire stanchi morti.

 

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Una risposta a Kumasi

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